Uno scandalo per la famiglia Bonacossa

Articolo di: Valeria Silvia Francese

Lo scandalo dei cascami seta

Era il 21 febbraio 1918 e un discorso lungo 4 ore alla Camera dei Deputati annunciava quello che i giornali avrebbero ribattezzato come “Lo scandalo cascami seta”. Secondo le accuse, infatti, durante la Prima Guerra Mondiale alcune industrie del tessile avrebbero venduto al nemico materiale ad uso bellico. No, non è una coincidenza si parlava anche, soprattutto, della “nostra” Cascami Seta quella fondata dalla famiglia Bonacossa, con sede anche a Vigevano. In quel lungo discorso del repubblicano Pirolini, infatti, venne anche coinvolto l’On. Cesare Bonacossa (padre di Alberto e Aldo), a cui nei giorni precedenti era stato chiesto di dare rassicurazioni e delucidazioni, che però per mancanza di volontà o di conoscenza non furono mai fornite. Tuttavia, quel giorno l’On. Bonacossa non era presente in aula. Pirolini concludeva dicendo che era un “delitto” fornire i mezzi ai nemici dell’Italia per sparare contro i nostri soldati al fronte. Chiese quindi un’inchiesta rapida e rigorosa su questa società (insieme ad altre) e che lo stesso On. Bonacossa venisse interrogato. Ma cosa potevano fornire questi industriali del tessile al governo tedesco di così pericoloso per i nostri soldati?

Seta e proiettili

Nel caso del Bonacossa erano i residui della lavorazione delle fibre tessili, ovvero i “cascami”, che venivano utilizzati per la fabbricazione dei sacchetti per le cariche di lancio dei proiettili d’artiglieria, di cui il Governo italiano dal 1916 aveva vietato l’esportazione. Il 22 febbraio tutti i maggiori quotidiani italiani come l’Avanti, la Stampa, il Corriere della Sera e anche il Popolo d’Italia misero in risalto la vicenda creando non poca indignazione tra il popolo italiano che già aveva letto di altri scandali sulle forniture scadenti fornite ai nostri soldati. Il Messaggero il 2 marzo dedicò l’intera prima pagina alla vicenda. Il 23 febbraio, l’On. Bonacossa presente alla seduta della Camera, con un suo intervento diede una ferma e decisa smentita circa sue responsabilità su un’ipotetica “mascherata esportazione” di cascami seta in Svizzera.

L’inchiesta

L’inchiesta era comunque inevitabile e fu affidata a un pezzo da novanta: Giovanni Gasti, capo dell’Ufficio Speciale d’Investigazione creato nel 1916 per svolgere le funzioni di spionaggio e controspionaggio. Gasti era un precursore della polizia scientifica: aveva elaborato un servizio segnaletico e istituito un ufficio per l’identificazione tramite le impronte digitali, su cui aveva elaborato un proprio metodo che venne poi adottato anche dalla polizia degli Stati Uniti. Le indagini portarono alla luce, oltre alle responsabilità del Presidente della società e di Primo Bonacossa, anche il fatto che la filiale svizzera era stata aperta allo scopo di continuare anche durante la guerra le esportazioni con Austria e Germania. Inoltre, provarono che erano a conoscenza dei traffici illeciti anche i componenti del CdA della società come l’On. Cesare Bonacossa, che per questa vicenda si dimise dalla Camera con una lettera datata 2 marzo e Carlo Feltrinelli, uno dei più conosciuti finanzieri e industriali milanesi. Coinvolto risultò anche Alberto Bonacossa, addetto al Comado Supremo. Per qualche giorno la censura non intervenne e titoloni e articoli continuarono a comparire nelle prime pagine: stava per essere travolto il Governo e un’intera classe dirigente. Intervenne a quel punto la censura. Dal 4 marzo gli articoli, quando comparivano, erano relegati a qualche pagina interna, e aumentarono gli “spazi bianchi” tra le colonne dei giornali.

Gli arresti

Fecero comunque sensazione l’arresto di Primo Bonacossa con l’imputazione di commercio con il nemico, quello del 1° marzo di Carlo Feltrinelli e nei giorni successivi gli arresti dei membri del CdA della società tra cui l’On. Cesare Bonacossa, tutti accusati di aver esportato in Svizzera 700 tonnellate di cascami di seta per venderli alla Germania, le cui scorte di questo materiale erano a dir poco carenti.
I processi, che si svolsero in un clima molto teso, sul contrabbando dei cascami furono almeno 8.
Il 23 settembre fu depositata presso la Segreteria del Tribunale di Roma, da parte dell’ufficiale istruttore Vogliotti in cui, oltre a ribadire le accuse già formulate per il commercio verso i nemici, tramite la filiale svizzera, di materiale ad uso bellico, venivano rinviati al giudizio del Tribunale Militare Speciale di Roma, tra gli altri, il Presidente della Società Filatura Cascami Seta e Primo Bonacossa, per il reato di tradimento volontario. Invece venne emessa una sentenza di proscioglimento per l’On. Cesare Bonacossa e Carlo Feltrinelli ritenendo che non vi fossero sufficienti prove che fossero a conoscenza del tradimento da altri consumato. Furono così scarcerati dopo 6 mesi di prigione.
Tuttavia, l’onta di questo scandalo non sparì mai completamente dalla fam. Bonacossa e ne fece le spese il figlio Alberto, che pur mantenendo il titolo di Conte ricevuto dal padre nel 1913 con il diritto di passarlo al primogenito, non riuscii mai a farsi nominare Senatore per censo proprio a causa delle accuse mosse al padre anni prima.
Per dovere di cronaca anche il Presidente della società, Francesco Gnecchi, fu scagionato, ma la sentenza venne emessa dopo la sua morte avvenuta nel carcere di Regina Coeli il 15 giugno del 1919.
Il 24 settembre del 1919 fu emessa la sentenza con cui il commendatore Primo Bonacossa veniva condannato a 5 anni di reclusione, con il condono di 4 anni in base al decreto di amnistia, con la condanna condizionale del resto. Tutti gli altri imputati furono assolti.
Il 13 ottobre dello stesso anno morì il Conte comm. Cesare Bonacossa, dopo molti giorni di acuta sofferenza come riporta La Stampa: “la sua salute fu gravemente scossa in seguito alle emozioni degli avvenimenti ultimi, nei quali si era trovato implicato…”

Le informazioni sono tratte dal libro “Industriali traditori” di Antonio Fiori e articoli dell’epoca.